MARCO GUERNELLI

Kitschen designer. Aprile, 2014

 

 

THE BRIDGE. THE BRIDGE?!

 

“Mio padre alla fine degli anni '90 era nell'impresa (intesa non come azienda ma come res gestae) che ristrutturò il Wadi Al-Kuf Bridge, in Cirenaica - Libia. E' un classico esempio di libido da utilizzo del calcestruzzo, realizzato a cavallo tra la monarchia di re Idris e l'arrivo di Gheddafi ('65/'71). Mi è dispiaciuto non aver avuto la possibilità di vederlo, da una parte perchè sarebbe stata l'occasione per me di tornare nella Lybia che mi ospitò in tenera età, dall'altra perchè ho una sorta di ammirazione/timore nei confronti dei ponti in genere.

Una notte, guidando, mi imbattei per la prima volta in un ponte vicino ad Ostiano. Le gambe mi si paralizzarono e feci molta fatica a non far capire alla mia passeggera che qualcosa non andava. Non so spiegarla, è una sensazione come se mi trovassi di fronte a qualcosa di anormale, come di fronte a qualcosa di straordinario, di fronte a qualcosa che va oltre, che non dovrebbe esserci. Che forse è un'accezione delle opere artificiali, dell'intervento dell'uomo che piega, manipola, crea e adatta ciò di cui dispone per farlo diventare ciò che gli serve.

E provo una specie di tuffo, un "oh" di stupore interno, un po' di diffidenza e un misto di ammirazione e reverenza.

E ne sono contento.

E una delle ultime cose che mi provoca lo stupore. La meraviglia.

Poi ho sempre visto il ponte come metafora di un modus vivendi che mi è stato (mi è?) proprio. Quello stato di non essere su alcuna sponda. Ma di attesa sul ponte stesso. E non è una condizione di transizione. Una fase del percorso che porterà da una parte piuttosto che l'altra. E' una scelta. E' la scelta di restare nel mondo della potenzialità. Scelta codarda forse, scelta come fuga dal mettersi in gioco e o alla prova. Ma sicuramente scelta non facile e di comodo. Richiede consapevolezza. Molta consapevolezza e può regalare autocompiacimento. Questo eliminando tutto il campo di possibili fallimenti.

Come mi farei ritrarre?

Non ne ho la più pallida idea.

Essere se stessi è la più bella prova d'improvvisazione che nemmeno un grande jazzista potrebbe.”